La Bibbia alla lettera
Ancora oggi molti sono convinti che, dal momento che nella Bibbia ci sono affermazioni che nel corso degli anni sono state smentite dalle nuove scoperte scientifiche, tutto ciò che vi è scritto, quindi anche quelle parti non riconducibili alla descrizione di fenomeni naturali, è frutto unicamente della fantasia dei suoi autori e che in nessun caso questo libro possa essere il frutto dell’ispirazione divina di una verità che poi, in certi passi, è stata tradotta in forma mitica secondo un consolidato genere letterario molto in uso all’epoca.
Troppo nota è la vicenda di Galileo Galilei il quale, affermando il
movimento della Terra introno al Sole secondo la teoria copernicana che in
quegli anni si andava affermando contro la vecchia visione tolemaica sposata
dalla Chiesa, fu processato dall’Inquisizione e costretto ad abiurare.
Anche il racconto della Genesi, il primo libro della Bibbia, che parla
della creazione è bersaglio di attacchi, perché apparentemente si esprime in
termini totalmente antievoluzionistici, da parte di chi lo vuole interpretare,
in maniera assolutamente arbitraria e sconsiderata, esclusivamente “alla lettera”
ignorando o facendo finta di ignorare che non ci si trova davanti a un trattato
scientifico ma al libro sacro di due religioni. Eppure basterebbe leggere
qualche rigo per capire la forma mitica del racconto: dove si dice “E fu sera e fu mattina: primo giorno” è inequivocabilmente chiaro che l’autore si
serve di termini accessibili al lettore per chiarire concetti altrimenti
inesprimibili; è ovvio che al momento della creazione non ha senso parlare di
sera, mattina e giorno, non ci vuole un genio per capirlo.
C’è poi chi crede che solo negli ultimi anni la Chiesa abbia fatto marcia
indietro rivedendo certe posizioni oltremodo conservatrici ormai insostenibili e
confutate dalle moderne visioni scientifiche ma anche questa opinione è frutto
di una più o meno inconsapevole ignoranza. Basta leggere quanto scriveva
Agostino di Ippona (Sant’Agostino) nel quinto secolo (milleduecento anni prima
di Galileo) in un’opera emblematicamente intitolata “De Genesi ad litteram” (Sull’interpretazione letterale della Genesi);
in essa l’autore pone l’accento sul fatto che non è bene che cristiani
presuntuosi si permettano di affermare che tutto ciò che si trova scritto nella
Bibbia sia da interpretare alla lettera rischiando non solo di fare la figura
dei ridicoli ma di screditare la loro stessa fede. Oggi questa opera di
discredito non è fatta più tanto da cristiani presuntuosi ma da non credenti
convinti di poter dimostrare le loro idee, ma il senso non cambia: già
milleseicento anni fa c’era chi invitava alla giusta interpretazione del nostro
libro sacro.
Dal momento che si è parlato di Galileo Galilei, voglio chiudere con una
considerazione: la disputa tra lo scienziato pisano e l’inquisizione guidata
dal Cardinale Roberto Bellarmino (lo stesso che anni prima aveva condannato
Giordano Bruno) non era affatto uno scontro tra ateismo e fede, dal momento che
Galileo era un credente convinto soltanto del fatto che certe teorie fossero
giuste e altre sbagliate senza però mai mettere in discussione le verità di
fede della Bibbia. Il fatto quindi che l’ateismo abbia sfruttato questi
argomenti per sostenere le proprie argomentazioni è solo una interpretazione “a
proprio uso e consumo”. Naturalmente tutto ciò non vuole essere una condanna di
chi non crede ne un modo per dire che tra fede e ateismo non vi può essere un
terreno di confronto purché, da entrambe le parti, vi siano una buona
conoscenza, sincera volontà di interloquire e onestà intellettuale.
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