Processo ai vincitori



Siamo verso la fine della seconda Guerra del Peloponneso, sanguinoso conflitto combattuto per circa 27 anni dalle due principali poleis greche, Sparta e Atene, conseguenza di una consolidata tradizione di ostilità tra queste, interrotta solo dalle guerre persiane di cinquanta anni prima.

Anche se la vittoria finale sta per arridere a Sparta, c'è ancora il tempo per gli Ateniesi di cogliere un importante successo navale, dal momento che la evidente superiorità degli opliti spartani nella battaglie di terra è controbilanciata dalla maggiore abilità degli Ateniesi negli scontri in mare.

Le Isole Arginuse si trovano a est di Lesbo e, nel 406 a.C., sono il teatro di una vittoria della flotta ateniese comandata da otto strateghi contro le triremi spartane agli ordini dall’ammiraglio Callicratida, succeduto nel comando al più dotato Lisandro. Le navi ateniesi, di nuova produzione, hanno saputo cogliere la vittoria grazie proprio all’abilità dei loro comandanti che ha sopperito all’inesperienza della maggior parte degli equipaggi.

La notizia del successo viene accolta ad Atene con grande felicità, al punto che in assemblea viene votata la concessione della cittadinanza agli schiavi e ai meteci, gli stranieri residenti, che si sono distinti nel combattimento. Ma la gioia è di breve durata perché non molto tempo dopo arriva la notizia dell’annegamento degli equipaggi delle 25 navi affondate o danneggiate durante la battaglia, evento di cui vengono accusati proprio gli otto strateghi che, secondo l’opinione più diffusa, non avrebbero pianificato una efficace operazione di salvataggio.

Gli otto vengono richiamati in patria; due di essi non obbediscono mentre gli altri sei tornano ad Atene dove li attende il tribunale che li deve processare. Dopo un momento iniziale in cui sembra che gli strateghi sotto accusa possano essere scagionati, a seguito di alcune manovre di corridoio più o meno legali, prevale la linea dura che porta l’Assemblea a votare per la condanna e i sei vengono giustiziati. Non passerà molto tempo, però, che anche gli istigatori che hanno premuto per l’esecuzione, verranno perseguiti e costretti all’esilio.

Ma l’errore più grande l’assemblea ateniese lo compie quando, valutando un’offerta di pace degli Spartani dopo la Battaglia delle Arginuse, vota contro la proposta e a favore della continuazione della guerra che si concluderà con un’altra battaglia navale, stavolta presso la foce del Fiume Egospotami nella penisola del Chersoneso, davanti allo Stretto dei Dardanelli, nella quale l’ammiraglio Lisandro, richiamato al comando delle navi spartane, distruggerà definitivamente la flotta ateniese costringendo il nemico alla resa definitiva.

L’episodio della Battaglia presso le Isole Arginuse e tutto il seguito che ne scaturisce è una prova dell’arroganza di Atene, che, seppure ricordata come la culla della civiltà occidentale per aver dato i natali ad uomini di grande prestigio che hanno dato contributi fondamentali alla cultura e al pensiero filosofico-scientifico fino ai giorni nostri, non ha mai nascosto le sue mire egemoniche e la volontà di sottomettere con la forza altri popoli senza rendersi conto che le sue conquiste più importanti le avrebbe fatte comunque proprio con la trasmissione dei suoi saperi col vantaggio però di non versare nemmeno una goccia di sangue. Come dire: “Dalla prepotenza vengono i disastri, dalla cultura, quella vera, i trionfi”.

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