Un cavaliere senza macchia e senza paura



La vicenda della Guerra di Troia, posta a cavallo tra mito e realtà, affascina il genere umano da oltre tremila anni per merito di narratori che hanno cantato le gesta degli eroi che l’hanno combattuta. Primo tra tutti Omero, personaggio anch’egli per certi tratti leggendario che ha consegnato alla posterità una delle opere letterarie più belle e famose di tutti i tempi, l’Iliade, poema che narra un episodio del nono anno della guerra voluta dagli Achei per riparare l’onta del rapimento di Elena, moglie del Re di Sparta Menelao, da parte di Paride, principe troiano figlio del Re Priamo.

Tanti sono i nomi di guerrieri che combattono questa guerra citati da Omero, sia tra le fila degli assedianti che tra quelle dei difensori, ma due di loro si elevano al di sopra di tutti: uno è Achille, Re di Ftia, il più forte tra i Greci; noto per la sua invincibilità, in grado di piegare, da solo, diverse schiere nemiche, è capace di provare sentimenti estremi, amore incondizionato per gli amici e odio implacabile per chi lo offende; fondamentalmente però è un uomo giusto e non abusa mai della propria superiorità anche se dai suoi compagni, solo con qualche eccezione, viene venerato quasi come un dio.   

L’altro è il troiano Ettore; primogenito di Re Priamo e capo dell’esercito, per certi versi è l’opposto di Achille pur essendo anch’egli un guerriero formidabile, sicuramente il migliore della sua gente. In lui però spicca maggiormente il lato umano, è marito e padre affettuoso e combatte sotto gli occhi della moglie e dei genitori per difenderli dalla furia dei nemici. Anche se capace di battersi con grande furore in lui quasi mai viene meno l’umanità e la capacità di provare sentimenti come la pietà o lo smarrimento che lo rendono più vicino a noi; commovente il passo in cui, incontrandosi con la moglie Andromaca e l’ancella che reca in braccio il figlioletto Astianatte in prossimità delle Porte Scee, si toglie l’elmo per non spaventare il piccolo. 

E’ lui, a mio parere, il vero protagonista del poema, un eroe sui generis che, proprio per la sua personalità al tempo stesso moderata e appassionata, si mette al di sopra di tutti. Alla fine lo scontro tra lui e Achille è inevitabile ma, seppure gli eventi saranno diretti dal Fato contro cui nessuno può opporsi, anche nel momento estremo farà la scelta di andare serenamente incontro al proprio destino per non tradire quei principi in cui ha creduto per tutta la vita.

I due grandi guerrieri si trovano uno di fronte all’altro per il duello decisivo. Ettore, dopo un attimo di smarrimento, incurante delle suppliche dei genitori che lo invitano a desistere, ha deciso di affrontare Achille. Dopo un lancio di aste da parte di entrambi andato a vuoto, Ettore, sguainata la spada, si avventa contro il nemico che invece, disponendo di un’altra lancia, lo attende prendendo con calma la mira. Per un istante sembra che la scena si fermi come un fotogramma bloccato in uno straordinario “fermo immagine” rotto solo dal luccicare della punta metallica dell’asta di Achille che rompe il buio e il silenzio delle tenebre incombenti e brilla come una stella.

E’ solo un momento, poi Achille tira e colpisce Ettore alla gola facendolo stramazzare al suolo. All’eroe morente non viene risparmiata la crudele promessa del vincitore, poi fortunatamente non mantenuta, di lasciare il suo cadavere insepolto esposto alle mire di cani e avvoltoi. Si chiude in questo tragico modo la vicenda terrena del primo tra i principi troiani, ma sarà proprio la sua morte a consegnarlo all’immortalità. 

Io credo che se Omero avesse immaginato un altro epilogo per la sua opera nel quale avesse risparmiato la vita a Ettore, lo avrebbe sminuito e umiliato. Le figure del guerriero leale, del marito fedele, del padre amorevole e del figlio devoto, così bene confluite nella persona di Ettore, devono rimanere tali fino all’ultimo, ma soprattutto senza subire le inevitabili corruzioni del tempo in una vita che si prolunga oltre misura, rimanendo congelate ma, proprio per questo, sempre vive in quel mondo ideale nel quale chi si è distinto in vita per le proprie virtù viene esaltato al di sopra dei secoli e proiettato verso l’eternità. 

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