Matematica ed etica della vita - la legge di Hardy Weinberg
La legge di Hardy Weinberg o equilibrio
di Hardy Weinberg riguarda un argomento particolarmente affascinate
della biologia che è la genetica di popolazioni. Questo principio postula che, all’interno di una popolazione,
le frequenze alleliche e genotipiche restano invariate da una generazione all’altra
se non intervengono fattori atti a destabilizzare la situazione di partenza.
A tale proposito è bene chiarire i concetti di “allele” e
“genotipo”:
1. si
definisce allele una delle due o più
forme in cui può esprimersi uno stesso gene; se, per esempio, prendiamo in
considerazione il gene per il colore degli occhi, questo esiste in varie forme
ognuna delle quali è responsabile del colore azzurro, castano, verde e così via;
2. il
genotipo esprime, a livello genetico,
la situazione di un determinato gene tenendo in considerazione il fatto che per
ognuno (tranne quelli presenti sul cromosoma Y) esistono due alleli (uno di
provenienza materna e l’altro paterna) che possono essere uguali (omozigosi)
oppure diversi (eterozigosi).
Può inoltre capitare che, in caso di eterozigosi, vi sia
un allele che predomina sull’altro; in questo caso il primo viene definito dominante, il secondo recessivo. Il risultato della dominanza
è che nell’espressione esterna del carattere (fenotipo), è visibile l’effetto
dell’allele dominante in maniera assoluta o parziale (dominanza incompleta).
Volendo fare un esempio ancora con il colore degli occhi, un individuo che ha
un allele “occhi castani” e uno “occhi azzurri” avrà gli occhi castani perché
il primo allele predomina in maniera totale sul secondo.
La legge di Hardy Weinberg è valida nel caso di un gene
che abbia due alleli; in tal caso, se li definiamo allele "A" (dominante) e allele "a" (recessivo), possiamo indicare con:
§ f(A) = p la frequenza dell’allele “A”
§ f(a) = q quella dell’allele “a”.
Fatta questa premessa, indichiamo le frequenze del
genotipo omozigote dominante, omozigote recessivo ed eterozigote nel modo seguente:
§ frequenza
di “AA” (genotipo omozigote dominante) = f(A)
x f(A) = p x p = p2
§ frequenza
di “aa” (genotipo omozigote recessivo) = f(a)
x f(a) = q x q = q2
§ frequenza
di “Aa” (genotipo eterozigote) = f(A) x
f(a) = 2 (p x q) = 2pq
E’ necessario, a questo punto, spiegare perché 2pq. Il genotipo “Aa” può scaturire dalla combinazione tra l’allele “A” presente nella cellula uovo e l’allele “a” contenuto nello spermatozoo, ma può avvenire anche il contrario (“A” nello spermatozoo e “a” nella cellula uovo), per cui, rispetto alla probabilità di avere, partendo da due eterozigoti, un omozigote (poco importa se dominante o recessivo), quella di avere un eterozigote è doppia, come si evince dalla seguente tabella:
|
|
spermatozoo |
|
|
|
A |
a |
cellula uovo |
A |
AA |
Aa |
a |
Aa |
aa |
che è proprio l’espressione matematica della legge di Hardy Weinberg.
Per chiunque abbia conoscenze algebriche di base la
formula p2 + q2 +
2pq richiama immediatamente alla memoria lo sviluppo del quadrato di un binomio che è uguale al
quadrato del primo termine a cui si aggiungono il quadrato del secondo e il
doppio prodotto del primo per il secondo. Quindi la legge di Hardy Weinberg si
può anche scrivere nella forma:
Tale equilibrio però, pur costituendo una importante conquista della genetica, è soggetto a forti limitazioni che lo rendono una “situazione teorica”:
1.
la popolazione deve essere estremamente
numerosa (in teoria infinita); ciò per rendere applicabile la legge dei grandi numeri, che porta la
probabilità teorica a coincidere con la realtà;
2.
non devono essere presente flussi immigratori ed emigratori; In questo modo le uniche dinamiche agenti sono
quelle interne;
3.
gli incroci devono essere
casuali; in alcun modo gli incroci tra individui devono essere influenzati
dal fenotipo;
4.
sebbene vi sia un allele dominante e uno recessivo, il primo non deve
essere avvantaggiato sul secondo in modo che abbia migliori aspettative di vita
o maggiori probabilità di accoppiamento;
5. non devono
intervenire mutazioni (sono comunque eventi rari) che alterino il pool genetico delle nuove generazioni.
Al di la, comunque, di queste limitazioni che non
potranno mai essere eliminate del tutto, almeno due considerazioni mi sembrano
estremamente importanti:
§ l’importanza
della matematica nei processi che riguardano la vita e non solo nelle leggi
della fisica; questa evidenza non ci deve stupire più di tanto visto che anche
i sistemi viventi sono fatti degli stessi elementi di cui è fatto il mondo non
vivente;
§ se
prendiamo ad esempio la popolazione mondiale, al momento attestata su un valore
di quasi 8 miliardi di individui, e quindi abbastanza rispondente al punto 1
dell’elenco precedente, non possiamo non concordare sul fatto che per
rispettare le leggi di natura non è possibile essere condizionati da alcuna forma
di xenofobia (possiamo anche parlare di razzismo, sebbene le due parole non
sono in tutto e per tutto sinonimi) perché ciò porterebbe al non rispetto del
punto 3 in cui si afferma che gli incroci non devono essere influenzati dalla
diversità di fenotipo.
Questa seconda considerazione porta a pensare che ci siano dei precetti naturali “scritti” dentro di noi da cui, anche volendo, non possiamo prescindere e che, se proviamo a disattenderli, turbando delicati equilibri, lo facciamo a nostro stesso rischio e pericolo. Se poi qualcuno dovesse affermare che da quando è apparso sulla Terra l’uomo è sempre stato lo stesso, ricordiamogli, assieme alla sua ignoranza di base che lo porta ad esprimersi per frasi fatte, che il Genere homo, e in particolare la Specie sapiens, è molto giovane e che trecentomila anni sono ben poca cosa rispetto alla durata di una specie: tanto per fare un esempio, i T-Rex, che pure nel loro momento di massima espansione demografica raggiunsero “soltanto” i 2 miliardi e mezzo di individui, hanno dominato la Terra per 2,5 milioni di anni. Se noi saremo sordi agli insegnamenti che la natura ci offre a quel valore non arriveremo mai! Dovremo allora ammettere che dei lucertoloni sono stati di gran lunga più intelligenti di noi, a torto definiti sapiens.
Commenti
Posta un commento