Una morte altruista - l’apoptosi cellulare


In biologia con il termine apoptosi si intende un complesso meccanismo di morte cellulare programmata; in altre parole la cellula si “suicida” perché ciò è in accordo con il programma che l’organismo cui appartiene sta eseguendo; da ciò si evince che tale evento non è un incidente ma, al contrario, contribuisce al corretto funzionamento del sistema vivente che, da questo fenomeno ricava un beneficio.
In realtà è l’esatto contrario, cioè l’immortalizzazione delle cellule di un organismo pluricellulare, ad essere un evento altamente negativo perché ciò si traduce in una parola: neoplasia. Con questo termine si definisce la proliferazione incontrollata di una linea cellulare che, privata di quei meccanismi di controllo che ne regolano, limitandola, la divisione mitotica aumenta di numero in maniera incontrollata subendo anche un processo di dedifferenziazione con conseguente perdita della funzionalità originaria e possibilità di attaccare altri distretti (metastasi) causando un danno a volte irreparabile per l’organismo.
Il processo apoptotico inizia con l’inattivazione della proteina IAP (inibitrice dell’apoptosi) che provoca una serie di reazioni a cascata che iniziano con l’attivazione di una serie di altre proteine, le caspasi iniziatrici, che, a loro volta attivano un’altra categoria di caspasi dette effetrici che danno il via al processo di apoptosi. La cellula apoptotica mostra segni quali l’assunzione di una  forma sferica, l’addensamento nel nucleo del materiale genetico e una serie di invaginazioni della membrana plasmatica; questa viene fagocitata interamente oppure si “dissolve” in una serie di parti dette corpi apoptotici che seguono anch’essi lo stesso destino di fagocitosi ad opera di cellule specilizzate per questa funzione che sono i macrofagi. 


Ciò che è importante sottolineare è che la cellula apoptotica non è una cellula danneggiata a seguito di un evento imprevisto che “si toglie di mezzo” per non sottrarre risorse all’organismo; il processo, infatti richiede energia sotto forma di ATP e quindi siamo in presenza una cellula che non ha riportato danni tali da comprometterne la glicolisi, la decarbossilazione ossidativa del piruvato, il ciclo di Krebs e, quindi, la fosforilazione ossidativa.
Sarebbe inoltre un errore credere che le cellule apoptotiche caratterizzano unicamente la fase finale della vita di un organismo anziano che, proprio attraverso la morte delle sue cellule, si avvia al crepuscolo della propria esistenza. Cellule di questo tipo infatti si trovano anche negli embrioni; ne sono un esempio le cellule delle membrane che tengono unite, nei primi stati di sviluppo del feto umano, le dita delle mani e dei piedi; esse vanno incontro ad apoptosi, al momento giusto, per consentirne la separazione e la corretta funzionalità.
Al di la di quelle che sono le considerazioni di carattere strettamente fisiologico, questo fenomeno così singolare, che sembra contraddire ogni fondamento delle leggi su cui si basa la vita (es. l'istinto di conservazione), risponde ad una logica che definire cristallina è dir poco. E’ come se ogni cellula non solo “sappia” che il sistema di cui fa parte è, complessivamente, più importante del singolo componente, ma sia addirittura consapevole del fatto che aspirare alla propria immortalità significa niente altro che la distruzione del tutto e quindi, in ultima analisi, anche di se stessa.
Con questa consapevolezza appare evidente che la scelta dell’apoptosi è la più coerente per cui solo se la cellula “impazzisce” può venire meno a questa condotta.
Già in altre occasioni ho avuto modo di sottolineare la sublime coerenza su cui si basa quella che a me piace definire “l’intelligenza della natura”, una sorta di logica ancestrale che tutte le creature, indipendentemente dalla loro posizione nella scala evolutiva, sembra abbiano ben stampata nel loro DNA per partecipare tutte insieme allo spettacolo della vita.
L’idea che questa intelligenza sia frutto del caso, sebbene obiettivamente non possa essere esclusa a priori, personalmente mi pare riduttiva e per questo in contrasto con la bellezza che la caratterizza. L’idea di un disegno non solo eseguito ma anche e soprattutto portato avanti da un grande Architetto è senz’altro molto più suggestiva.
Ma questa è un altra storia.

  

 

 

 

 

 


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