Quando il futuro non è scritto - l’epigenetica
Il fatto che, all’interno di un organismo pluricellulare, tutte le cellule pur avendo lo stesso DNA seguono destini diversi specializzandosi attraverso un processo di differenziazione per diventare cellule epatiche, nervose, muscolari ecc, costituisce la prova inequivocabile dell’esistenza di una regolazione dei geni che, secondo le necessità, vengono attivati o repressi.
Per restare agli esempi precedenti, è chiaro che mentre a un epatocita occorre produrre molecole come le transaminasi e al muscolo servono actina e miosina per contrarsi, i neuroni devono dotarsi delle pompe sodio-potassio per condurre l’impulso nervoso. Essendo tutte queste sostanze proteine, è chiaro che i geni coinvolti nella loro produzione devono essere selettivamente attivati nelle linee cellulari deputate a svolgere un certo compito.
L’epigenetica è la disciplina che studia il controllo dell’espressione genica del DNA che si attua attraverso una serie di processi influenzati da una serie quanto mai eterogenea di fattori ambientali; col termine epigenoma si intende invece l’insieme delle modificazioni molecolari che concorrono nel controllo dell’espressione genica.
Tra queste modificazioni, una delle più comuni e studiate è la metilazione del DNA, operata da proteine enzimatiche dette DNA-metiltransferasi; consiste nell’aggiunta di una radicale metile CH3• alla base azotata citosina quando questa è seguita da un’altra base azotata che è la guanina (siti CpG dove C sta per citosina, G per guanina e p è il gruppo fosfato che le lega).
In base alla quantità di siti metilati a livello della sequenza promotrice il gene viene espresso oppure no. Altri processi epigenomici riguardano le modificazioni a carico degli istoni, proteine che si trovano associate al DNA degli organismi eucarioti.
Esistono cinque tipi diversi di istoni, denominati H2A, H2B, H3, H4 e H1; i primi quattro presenti in coppie sono avvolti, a intervalli regolari, dalla doppia elica del DNA a costituire un complesso detto nucleosoma; il quinto tipo invece costituisce una sorta di “ponte” in grado di compattare all’occorrenza nucleosomi consecutivi così da creare una struttura compatta, detta eterocromatina, difficilmente accessibile alle RNA-polimerasi, gli enzimi che devono trasferire dal DNA all’RNA l’informazione genetica da trasformare in proteina.
Anche le modificazioni a carico degli istoni sono dovute all’aggiunta di radicali molecolari che possono essere ancora il già citato gruppo metile o quello acetile CH3CO•.
In tempi più recenti la ricerca si è concentrata su un altro meccanismo di regolazione genica dovuto alla presenza di RNA non codificanti, cioè che non vengono tradotti in proteine, che sembrano aver parte anche nel processo di attivazione delle metiltransferasi.
Al di la di quelli che sono le basi molecolari dei processi epigenetici, la cosa importante è che questi, a differenza delle mutazioni che modificano irreversibilmente la sequenza del DNA costituendo quasi sempre un danno, sono reversibili e possono subire variazioni sia durante lo sviluppo dell’organismo che rispondendo alle condizioni ambientali in cui questo viene a trovarsi. Una serie di studi condotti sull’argomento hanno dimostrato che tutta una serie di fattori che potremmo definire extragenetici come le abitudini alimentari, gli stili di vita e il contatto con determinate sostanze possono influenzare i processi epigenetici sia in senso positivo che negativo per quello che riguarda la salute e lo stato di benessere in generale.
Quello che però, a mio parere, è ancora più interessante risiede nella constatazione che alcune di queste modificazioni operate dall’epigenoma si trasferiscono alle cellule figlie quando la cellula che le ha subite si divide; ciò significa che tali influenze sono anche ereditarie perché, potenzialmente, se avvengono in cellule della linea germinale che poi origineranno i gameti (spermatozoi e cellule uovo) possono trasferirsi da una generazione all’altra.
Dal momento che è ormai chiaro come nell’insorgenza di certe patologie, tra cui anche il cancro, siano coinvolti i processi epigenetici, dobbiamo renderci conto di quale sia la responsabilità morale non solo di fronte a noi stessi ma anche rispetto alla nostra discendenza quando si mettono in atto determinate condotte di vita che potrebbero compromettere la salute.
L’epigenetica concorre anche a spiegare quella che viene definita eredità non mendeliana, cioè l’insieme di tutti quei caratteri che, nel trasferirsi da una generazione all’altra non seguono le leggi del padre della genetica Gregor Mendel. Ci sono influenze epigenetiche alla base di quel fenomeno detto imprinting genomico (da non confondere con l’imprinting di Lorenz) per cui uno dei due alleli di un gene, proveniente dal padre o dalla madre, viene selettivamente represso a vantaggio dell’altro che, nel caso sia “malato”, può portare allo sviluppo di una determinata patologia anche in presenza della variante “sana”.
L’idea di poter incidere sull’espressione del nostro DNA e di quello dei nostri discendenti attraverso le abitudini e le condotte di vita, unita alla consapevolezza che non c'è un ineluttabile destino genetico scritto dentro di noi, dovrebbe farci rendere conto di quale importanza abbia l’individualità nel determinare non solo se stessa ma anche la collettività presente e soprattutto futura.
Non solo le discipline umanistiche ma anche le scienze biologiche possono ormai senza tema di smentita sostenere la tesi che siamo i tasselli di un unico puzzle immenso e affascinante di cui ciascuno dovrebbe sentire l’onore e la responsabilità di fare parte. L’uomo, di fronte alle conquiste della scienza, viene obbligato a prendere consapevolezza di uno straordinario dualismo riguardante la propria natura: da un lato l’unicità genetica che lo contraddistingue e dall’altro una complementarietà che lo rende parte attiva e operativa di un disegno più ampio. Questi due aspetti, tutt'altro che antitetici, lo dovrebbero spingere a ritenere se stesso uno strumento al servizio del bene comune; alla luce di quanto appena detto è avvilente vedere come in certi casi la meschinità, l'egoismo e la malvagità di cui è capace lo degradino fino a renderlo paragonabile ad un nobile principe che, consapevolmente sprezzando la propria grandezza, sceglie di vestirsi come un pezzente ed agire come un malfattore. Peccato.
Commenti
Posta un commento