Molto più di un numero - il π tra matematica e trascendenza

 

Il pi greco (π) da sempre è l'incubo di tanti alunni fin da quando lo incontrano studiando in geometria la circonferenza e il cerchio. Si tratta di un valore numerico che esprime il rapporto esistente tra la lunghezza di qualsiasi circonferenza e quella del proprio diametro (teniamola bene a mente questa definizione perché ci ritorneremo); questa è la prima cosa sorprendente: tale rapporto è costante sia che si prenda in considerazione come circonferenza una fede nuziale che l'equatore. 

La formula che esprime quanto appena detto è la seguente:

 

dove C indica la misura della circonferenza ed r il suo raggio (2r esprime quindi il diametro in quanto corrispondente al doppio del raggio).

Sebbene la denominazione pi greco sia stata data a questo numero in tempi relativamente recenti (fu il matematico gallese William Jones, nel 1706, ad associarlo al simbolo π in onore di Pitagora), sin dall'antichità fior di matematici noti ma anche sconosciuti hanno cercato di determinarne in maniera più o meno esatta il valore. I babilonesi lo identificarono con la frazione

  

mentre nel Papiro di Rhind, documento egizio risalente al XVII secolo a.C., al pi greco si assegna il valore di 


Questo papiro è una eccezionale testimonianza delle avanzate conoscenze che gli antichi Egizi avevano nel campo della geometria (e non potrebbe essere diversamente, basti pensare alle piramidi).


Anche nella Bibbia si fa riferimento al calcolo del valore di π in un passo dell'Antico Testamento:

«Egli fece il mare come una gran vasca di bronzo fuso, dieci cubiti da una sponda all'altra: era perfettamente circolare. La sua altezza era cinque cubiti e una linea di trenta cubiti misurava la sua circonferenza»

(Secondo Libro delle Cronache, 4:2)

Nel testo sopracitato sembrerebbe che il valore di π sia [30 : (5 + 5)] = [30 : 10] = 3, ma il cronista precisa che il bordo si apriva "come il calice di un giglio" facendo aumentare, anche se di poco, la lunghezza della circonferenza e quindi, di conseguenza, anche il valore del suo rapporto col diametro. 

Ma il primo a cimentarsi nel calcolo del pi greco con un metodo rigorosamente matematico fu Archimede di Siracusa, l'unico vero scienziato dell'antichità, che gli attribuì un valore compreso tra 3,140 e 3,142; ancora oggi infatti dovendo approssimarne il valore al secondo decimale lo poniamo uguale a 3,14.  

Si deve però arrivare al 1761 perché un matematico svizzero, Johann Heinrich Lambert, dimostri che il valore di π non è esprimibile con alcuna frazione in quanto è un numero irrazionale, formato da una parte intera e infinte cifre decimali che non si ripetono secondo alcun ordine particolare; in aggiunta lo si definisce un numero trascendente poiché non è soluzione di alcuna equazione a coefficienti razionali.


E' evidente, in base a quanto detto, che nessuno potrà mai calcolare il valore esatto del π essendo impossibile determinare tutte le infinite cifre decimali che lo compongono; a tutt'oggi sono state individuate "solamente" le prime 62800 miliardi.

Il π ha innumerevoli applicazioni in molteplici campi della matematica e della fisica, basti pensare alla trigonometria, all'elettromagnetismo e alla meccanica quantistica, ma questo non è un articolo ad argomento esclusivamente matematico e inoltre ci troviamo davanti ad un'entità che definire esclusivamente un numero sarebbe riduttivo. 

Personalmente non amo le escursioni nel campo dell'esoterismo e certamente non sono un appassionato di numerologia, purtuttavia ritengo che alcune considerazioni su un certo significato trascendente (non dal punto di vista algebrico) del pi greco si possano fare senza essere tacciati di fanatismo. 

Nell'antichità si associavano le linee curve in generale e la circonferenza in particolare alla perfezione divina, basti pensare alla divinizzazione del disco solare degli antichi Egizi che identificavano la nostra stella con le divinità Ra, in epoca classica, e Aton durante la rivoluzione religiosa del faraone Akhenaton.


Tutto ciò che invece si sviluppava in linea retta era, di contro, considerato terreno, quindi materiale e imperfetto; in pratica mentre le circonferenze erano ad uso degli dei, le linee rette e i segmenti erano "roba da uomini". 

A questo punto dobbiamo ricordare la definizione di π data all'inizio di questo articolo: il rapporto, inteso come divisione (che tra l'altro in greco si esprime con la parola λόγος, lògos), tra la circonferenza e il suo diametro. Ma se, come abbiamo visto, questo rapporto è un numero irrazionale ciò significa che circonferenza e diametro sono grandezze incommensurabili (altro esempio di grandezze simili sono il quadrato e la sua diagonale), che non possono cioè essere misurate con una stessa unità di misura per quanto piccola la si voglia scegliere: se una lunghezza anche piccolissima, scelta arbitrariamente come unità di misura, sarà contenuta un numero intero di volte nella circonferenza non lo sarà mai anche nel diametro e viceversa.

Tutto ciò significa che il rapporto tra una grandezza esprimente la perfezione divina (circonferenza) e un'altra che contraddistingue la condizione umana in quanto segmento (diametro) metterà in evidenza una insanabile, ma aggiungerei anche provvidenziale, separazione tra due realtà, quella trascendente e quella immanente, ponendo il valore irrazionale di π come irraggiungibile linea di demarcazione tra questi due mondi, contigui eppure irrimediabilmente divisi. 

Oggi i culti degli dei egizi non sono più praticati e i riti esoterici legati alla numerologia sono assai meno frequenti che in passato (si spera), ma il fascino di un ente matematico che si pone al confine tra divino e umano rappresenta una meravigliosa metafora riguardante il senso della vita: così come si cercano sempre nuove cifre decimali del pi greco allo stesso modo l'esistenza di ognuno di noi dovrebbe essere improntata alla continua ricerca del divino mirando alla sua conoscenza anche se consapevoli che questa non potrà mai essere raggiunta appieno in questo mondo. 

Proprio come per il π, infatti, non è detto che ciò che non può essere calcolato non può essere neppure compreso.

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