Entrate e uscite – il bilancio energetico della cellula


Quando si parla di respirazione si pensa sempre all’attività dei polmoni che, aumentando il loro volume sotto l’azione del diaframma, immettono ossigeno nel nostro corpo per poi, contraendosi, provocare la fuoriuscita di anidride carbonica; sono gli atti dell’inspirare ed espirare che studiamo fin dalla scuola primaria imparando che sono indispensabili per la vita pur senza spiegarci il perché.
 

Quando chiedo ai miei studenti, all’inizio dello studio dell’apparato respiratorio, se sanno perché respiriamo la risposta è sempre la stessa: “Perché altrimenti moriamo”; questa risposta però implica un’altra domanda: “Perché moriamo se non respiriamo?” A questo punto scende il silenzio perché giustamente non ci si è ancora posti questo ulteriore quesito.
 
Per cercare di rispondere in modo esauriente mi piace presentare l’organismo vivente come un’azienda impegnata a gestire le entrate e le uscite cercando di ottimizzare le risorse a disposizione e le procedure in modo da far si che tutte le sue attività si svolgano nel migliore dei modi.
 

L’esempio è molto istruttivo perché fornisce il modello di un’azienda ideale in cui ogni passo viene compiuto nella direzione di una sana economia in grado di garantire il benessere di tutti che si traduce nello stato di buona salute dell’organismo. E’ quando non è più possibile garantire questa armonia che il corpo si ammala in maniera più o meno grave a seconda dell’entità degli squilibri che vanno a compromettere il buon funzionamento delle procedure.
 
Una azienda che funzioni deve ricavare, partendo dalle risorse di cui dispone, i massimi utili possibili per avere un bilancio sempre in attivo; nel caso degli organismi viventi il bilancio economico coincide con quello energetico per cui è fondamentale lo sviluppo di una serie di processi che permettano di ottenere, a partire dalle sostanze che fungono da opportune fonti, la massima quantità di energia in modo da garantire quelle funzioni vitali che invece avvengono proprio a spese di quest’ultima.
 
La respirazione cellulare consiste proprio in una serie di reazioni biochimiche che permettono la migliore utilizzazione del combustibile a disposizione delle cellule, cioè il glucosio.
 

Utilizzando l’ossigeno come comburente la cellula, attraverso una serie di passaggi che prendono il nome di glicolisi anaerobica, decarbossilazione ossidativa del piruvato, Ciclo di Krebs, catena di trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa, ricava energia che viene immagazzinata sotto forma di energia chimica di legame in una molecola detta ATP (adenosin-5’-trifosfato), “smontando” la molecola di glucosio fino ad ottenere anidride carbonica e acqua.
 
La glicolisi avviene nel citoplasma ed è l’unico processo utilizzato dagli organismi unicellulari che vivono in assenza di ossigeno; le altre fasi avvengono all’interno di organelli, detti mitocondri, che costituiscono una vera e propria “centrale energetica” per la cellula.
 

Qui, manco a dirlo, entra in gioco la matematica per il calcolo del bilancio energetico perché le tappe biochimiche prima citate non sempre portano alla formazione diretta di ATP ma più spesso di altre sostanze (NADH e FADH2) che poi, nella fase finale che è la fosforilazione ossidativa, concorrono alla produzione della molecola energetica per eccellenza. A ciò si aggiunge il fatto che due passaggi intermedi della glicolisi avvengono addirittura con consumo di energia e quindi, se si vuole conoscere esattamente la resa energetica a partire da una molecola di glucosio è necessario fare alcuni calcoli.
 
La glicolisi porta alla formazione di due ATP e due NADH, la decarbossilazione ossidativa del piruvato produce due NADH, il Ciclo di Krebs due ATP (GTP), sei NADH e due FADH2.
 

 Come si vede ogni molecola di NADH porta alla formazione di tre molecole di ATP tranne quella prodotta dalla glicolisi che, originatasi fuori dal mitocondrio, ha una resa inferiore (due ATP); ciascun FADH2 invece porta alla formazione di due ATP.
 
Il totale teorico di molecole di ATP prodotte a partire da una singola molecola di glucosio è 36 (38 per i batteri aerobi), quantità che scende a circa 30-32 ATP in condizioni reali per una fisiologica dispersione che si riscontra inevitabilmente nei vari passaggi; pur tenendo conto di questa perdita il processo di respirazione cellulare resta un’attività ad alta resa energetica, sicuramente migliore di quella del motore di un’automobile.
 
A questo punto è interessante fare il confronto tra gli organismi aerobi che svolgono la respirazione cellulare e quelli anaerobi che utilizzano la sola glicolisi; come si vede dalla tabella del bilancio energetico la resa della respirazione è di gran lunga maggiore con 36 ATP contro i 2 della glicolisi, eppure in certe condizioni particolari anche gli aerobi scelgono la sola glicolisi, perché? Si pensi per esempio ad un atleta impegnato in una gara di 100 metri; egli avrà bisogno di una grande quantità di energia da “bruciare” nel giro di pochissimo tempo, circa 10 secondi.
 

Ebbene in questo caso la glicolisi come unico processo energetico è più vantaggiosa perché anche se 16 volte meno efficiente è 200 volte più veloce e quindi in grado di produrre circa 13 volte, nell’unità di tempo, la quantità di ATP che produrrebbe la respirazione, una alternativa sicuramente da preferire se si vuole ottenere energia in pochissimo tempo. Naturalmente ciò comporta pure dei costi; in questo caso il prodotto finale è l'acido lattico che deve poi essere riconvertito in glucosio a livello epatico.  
 
Un altro aspetto interessante è la possibilità di svincolare il processo respiratorio dalla produzione di energia a favore dello sviluppo di calore; in particolare è possibile la catena respiratoria e la fosforilazione ossidativa che è il processo responsabile della produzione di ATP.
 
Soprattutto i mammiferi neonati e gli animali che vanno in letargo hanno un particolare tipo di tessuto adiposo denominato bruno, ricco di acidi grassi che possono essere “spezzati” e inseriti, anche se non dall’inizio, nel processo della respirazione cellulare; queste sostanze, quando vengono processate, non portano alla formazione di molecole di ATP ma alla produzione di calore. Anche in questo caso siamo di fronte alla perfetta organizzazione di un’azienda che, invece di adoperare due processi distinti per due finalità diverse con evidenti sprechi di risorse, ha pensato bene di economizzare concentrando in un unico procedimento due diverse esigenze.
 

Ho voluto trattare, in questo articolo, il processo della respirazione cellulare non tanto per spiegare come avviene nei dettagli; in realtà ho scelto questo argomento perché costituisce un meraviglioso esempio di quella che mi piace definire “l’intelligenza della natura”(*), cioè quella logica insita nelle cellule le quali di per se stesse non hanno un cervello organizzato ma che rispondono a dinamiche che sembrano il frutto di un ancestrale e cristallino disegno caratterizzato da una coerenza che definire ferrea è riduttivo.
 
Questa particolare logica ha in se stessa un’altra caratteristica: pur essendo fino ad un certo punto descrivibile e quantizzabile in maniera matematica, al tempo stesso sfugge perfino al controllo della regina delle scienze perché tante e tali sono le variabili che entrano in gioco da rendere vano qualunque tentativo di inserirle tutte in un’unica equazione. Si parla di una Teoria del tutto che dovrebbe spiegare in un unico schema tutti i fenomeni fisici noti ma nessuno si è mai spinto a cercare una legge unica della biologia, come a dire che l’universo cosmico è più piccolo dell’universo vivente. E non è poco.
 
 
 
 
(*) Si veda anche l’articolo sull’operone del lattosio pubblicato in questo blog      

 

Commenti

Post popolari in questo blog

Vacanze sicure all'Hilbert Hotel - quattro passi nell'infinito con il profeta Isaia

Fisica e amore - l'equazione di Dirac

Una parola per due - il diverso vocabolario della matematica