Le grandi antinomie (terza parte) - Russel vs Frege


Eccoci arrivati all'ultima puntata della trilogia sulle antinomie, nella quale sarà preso in esame un episodio di enorme importanza nella storia della matematica. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo un grande matematico tedesco, Gottlob Frege, scrisse una colossale opera in due volumi (il primo pubblicato nel 1893 e il secondo nel 1903) dal titolo Grundgesetze der Arithmetik ("I principi dell'aritmetica"), nella quale l'autore cercava di dimostrare come l'aritmetica si fondasse interamente sulla logica; egli affermava che le leggi dell'aritmetica si potessero far derivare da un sistema di assiomi a seguito di un calcolo logico in cui non vi fosse spazio per nulla di intuitivo e di non deducibile logicamente.


Purtroppo per lui e per la sua visione, il 16 giugno 1902, dopo l'uscita del primo volume della sua opera che aveva pubblicato a sue spese (quando si dice il danno oltre la beffa) e poco prima che vedesse la luce il secondo volume, egli ricevette una lettera da Bertand Russel, allora giovane ma già brillante matematico e logico britannico, nella quale il mittente, pur apprezzando fondamentalmente il paradigma logicista, smontava completamente e irrimediabilmente la sua idea di riduzione dell'aritmetica alla logica lasciandolo, come si può facilmente intuire, costernato.


Questa manovra di abbattimento dell'impalcatura costruita da Frege si concretizzava in un'antinomia passata alla storia come Paradosso di Russel anche se probabilmente era stato concepito qualche anno prima da Ernst Zermelo, matematico tedesco famoso per i suoi contributi alla teoria assiomatica degli insiemi. A questo proposito, non sarebbe la prima volta che una affermazione attribuita ad un autore non sia in realtà riconducibile a questi: ne è la prova il Teorema di Pitagora, che in realtà, nei suoi fondamenti, era già noto ai Babilonesi circa 1000 anni prima, anche se al leggendario matematico di Samo si riconosce la sua dimostrazione.

Tornando al Paradosso di Russel, questo si può enunciare nel modo seguente:

"L'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi appartiene a se stesso se e solo se non appartiene a se stesso "

Partendo dalla teoria ingenua (o intuitiva) degli insiemi di Georg Cantor, altro eccellente matematico tedesco noto soprattutto per i suoi geniali studi sull'infinito, Russel immaginò di suddividere gli insiemi in due grandi categorie: 

1 - gli insiemi che appartengono a se stessi (quelli cioè che annoverano se stessi tra i loro elementi), per esempio l'insieme di tutti i concetti astratti che è anch'esso un concetto astratto; in questo caso, utilizzando la simbologia insiemistica, detto x questo insieme, si può scrivere x ∈ x e si legge "x appartiene a x"

2 - gli insiemi che non appartengono a se stessi come per esempio l'insieme di tutte le tazze da tè che non è una tazza da tè; in questo caso, indicando sempre con x questo insieme, si scrive x ∉  x e si legge "x non appartiene a x".

Se indichiamo con R l'insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a se stessi, cioè quelli appartenenti alla seconda categoria, usando la rappresentazione per caratteristica si può scrivere:

R = { x | x ∉  x }

Tale formulazione si legge: "l'insieme R degli elementi x tali che x non appartiene a x". A questo punto Russel si chiede se l'insieme R appartenga o meno a se stesso, ma non serve essere grandi matematici o logici per capire che ci troviamo di fronte ad un'antinomia come quelle del mentitore o del barbiere (di cui il paradosso descritto in questo articolo è diretta conseguenza) che sono state oggetto dei primi due articoli di questa trilogia(*):

- se R appartiene a se stesso allora vuol dire che, soddisfacendo la relazione di appartenenza, non appartiene a se stesso

- se R non appartiene a se stesso vuol dire che non è un insieme che non appartiene a se stesso e quindi appartiene a se stesso.

Immaginate come si possa essere sentito il povero Frege quando fu costretto ad ammettere il fallimento delle sue teorie; in un'appendice al secondo volume della sua opera che venne pubblicata poco più tardi, cercando di parare il colpo da knock out, scrisse: "Qui non è in causa il mio metodo di fondazione in particolare, ma la possibilità di una fondazione logica dell'aritmetica in generale".

Come anticipato nei precedenti articoli, il principio alla base dell'antinomia, grazie a grandi menti matematiche, è stato adoperato per la dimostrazione di teoremi attraverso quella che si chiama reductio ad absurdum (dimostrazione per assurdo). Solo per citarne alcuni ecco esempi di teoremi dimostrati in questo modo:


Come a dire che non tutti i mali vengono per nuocere ma anche per offrire opportunità di crescita. A questo proposito voglio concludere con una citazione di Giambattista Vico tanto cara alla mia Preside (preferisco la precedente denominazione alla moderna "Dirigente scolastico") alla quale dedico questo articolo: nella premessa all'edizione del 1730 di Principi di scienza nuova Vico scrive: 

"[…] sembravano traversie ed eran in fatti opportunità […]". 

Queste antinomie che in apparenza costituiscono un imbarazzante problema vengono elaborate dall'inesauribile genio creativo dell'uomo per costruire una serie di magnifiche dimostrazioni matematiche, che si distinguono per la loro bellezza e che sfruttano proprio una conclusione assurda per verificare l'ipotesi.


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(*) 


(**) 
La dimostrazione dell'irrazionalità della radice quadrata di 2 si trova anche in un video pubblicato sul mio canale YouTube dal titolo "Non tutto è numero" (https://www.youtube.com/watch?v=6B_0WKBgufc&list=PLAeCrT1guIY8ujE_iZCnJODWI8S-JmPVp&index=8)  


(***) 
Sul teorema di unicità del limite ho realizzato un video pubblicato sul mio canale YouiTube (https://www.youtube.com/watch?v=usYI9R_nJc8)

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